Anne Van Den Boogaard, Featured, Interviste, Moda:
Abbiamo conosciuto Anne Van Den Boogaard grazie alla sua ultima collezione – Infinity ‘n Shit – e ci siamo innamorati del suo stile coloratissimo ed irriverente. Diplomata presso l’Amsterdam Fashion Institute nel 2013, Anne ha ricevuto già molteplici riconoscimenti: la nomination all’Honours Programme e la vittoria del Lectra Award per la migliore progettazione 3D grazie alla collezione Lucy In The Sky. In quella che appare un’irrefrenabile scalata alla vetta, la giovane designer olandese svela a PIG i segreti della creazione, la rivisitazione di clichés ed elementi kitsch, in una perenne ricerca di un’identità di stile che nasce dal conflitto e dalla ricomposizione dei contrari.
Fotografie: Valentina Vos
Models: Aimee e Eva B. @Elvis Models
Quando è sbocciato il tuo interesse verso la creazione di abiti?
Sono stata una persona creativa fin da piccola. Passavo le giornate a ballare, a disegnare e a scrivere storie. E’stato durante uno stage nel quale insegnavo a ballare ai ragazzini che mi sono accorta che quello che stavo cercando non l’avrei trovato attraverso la danza. In primis, fare moda è uno sfogo e per me raccontare una storia, affermare qualcosa, è vitale. Studiando ho appreso che vendere abiti che abbiano una buona vestibilità è ciò che davvero fa la differenza.
Hai studiato all’Amsterdam Fashion Institute e sei stata selezionata per l’Honours Programme, poi hai avuto la possibilità di mostrare le tue collezioni alla Amsterdam Fashion Week. Come reagisci rispetto a tutto questo interesse nei confronti del tuo lavoro?
E’ davvero sorprendente quando le persone credono in te e nel tuo lavoro. Quando riescono a recepire il messaggio che vuoi trasmettere e ad identificarsi con esso. Mi dà la forza necessaria a spingermi oltre i limiti perchè è grazie a questo interesse che riesco a prendermi dei rischi. Credo che sia necessaria una spinta come quella per mostrare davvero tutte le tue qualità.
Parliamo del tuo processo creativo: guardando alle tue collezioni si percepisce la presenza di due forza che si combattono – Amore e Morte, Caos e Ordine, Innocenza e Decadenza…Infinity and…Shit. E’ così?
Sì. C’è sempre una battaglia in corso. Mi piace quando le cose stridono tra loro e graffiano la superficie. Adoro quando il design appare come un urlo. Io stessa come designer cerco una certa anarchia, un modo di essere forte e ribelle ma in maniera pacifica. Credo profondamente nelle avventure della vita, dell’amore e della felicità. E voglio che questo si mostri attraverso i miei abiti, in un mondo che non fa che guardare ma non sembra vedere davvero.
La tua ultima collezione. Ci sono un sacco di elementi: sportivi, mistici, romantici, folk…come una riot girl adolescente appassionata di film di Tarantino. Cosa ti ispira?
Lavoro molto con i clichés e adoro il kitsch. La mia Graduation Collection ironizza sugli abiti da sposa, sulle divise da cheerleader e sullo sportswear in generale. Tutto è partito dalla frustrazione rispetto all’apatia della mia generazione: credo che troppi ragazzi conducano vite sicure e senza colore e che debbano prendersi dei rischi e sperimentare gli alti e bassi della vita. Così ho preso come ispirazione i clichés della cultura Americana e i suoi elementi kitsch, come appunto il mondo delle cheerleaders ela Bandculture degli anni Novanta. A ciò ho affiancato i grandi coutourier degli anni ’80 e la loro abitudine di concludere le sfilate con enormi abiti da sposa.Tutto questo eccesso di glamour è ciò che più detesto, a tal punto che in fondo mi piace. Il prossimo passo è trovare un equilibrio all’interno del quale il brutto diviene una dichiarazione e si trasforma in affilata bellezza. Prendendo dunque ispirazione dalla Youth Culture compongo collage che riflettano lo Zeitgeist e ricerchino il confine tra bruttezza ed estetica.
Piani per il futuro? Siamo in attesa della tua prossima collezione!
Mi sto trasferendo a Londra per fare qualche internship. Devo fare esperienza nel settore e ho bisogno di nuovi stimoli. Il mio sogno è essere a capo di un collettivo di design influenzato da diversi creativi. L’ho fatto una volta ed è incredibile come ci si stimoli reciprocamente a raggiungere un livello sempre più alto.
Un’ultima domanda: qual’è la cosa più importante della vita?
Sentirsi vivi e vivere la propria vita appieno. Voglio davvero godermela più che posso. Disegnare abiti mi fa sentire proprio così. Percepire il flusso della creazione è la sensazione più bella che mi sia mai capitata. E crea dipendenza!
Grazie Anne.